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Alla ricerca della dieta perfetta

Alla ricerca della dieta perfetta

Alla ricerca della dieta perfetta

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Dietro l’alimentazione e l’integrazione vi è un interesse sempre più crescente, enfatizzato anche dalla facile accessibilità all’informazione (o più spesso disinformazione) e ai contenuti presenti sui social.

Low carb, low fat, dieta del gruppo sanguigno, paleo, veganesimo, Atkins, Dukan, digiuno intermittente, mima digiuno, iperproteica, chetogenica, detox…e potrei andare avanti.
La domanda che al lettore potrebbero allora sorgere spontanea è la seguente: ma, quindi, qual è la migliore? La risposta è tutte. E di seguito cercherò di formulare e dimostrare il perché di questo responso. Ammetto che ho omesso un particolare non di poco conto, e chiedo venia: tutte le diete, nel medio-breve termine, funzionano.

Non entrerò nello specifico di ogni cura dimagrante (anche perché altrimenti l’articolo sussisterebbe di decine e decine di pagine) e non mi imbatterò nelle motivazioni per le quali molte diete non sono avallate dal mondo scientifico (vedi detox in primis), ma vorrei con voi valutare gli effetti di qualunque dieta su un soggetto sovrappeso o obeso.

Partirò in primo luogo dall’effetto psicologico, alle volte anche presente sotto le spoglie dell’effetto placebo: mettetevi nei panni di un uomo o di una donna i quali non hanno assolutamente nessuna regola alimentare, non solo sotto l’aspetto quantitativo/qualitativo del cibo, ma anche per ciò che concerne la sua gestione temporale (ossia quando mangiare durante la giornata).
Ebbene, qualunque dieta noi andiamo a considerare darà a questa persona delle regole, dei “binari” alimentari da seguire, che soprattutto all’inizio saranno presi alla lettera e in alcuni casi anche in maniera morbosa e pedissequa. Felice finalmente di avere dei dettami ai quali ispirarsi, nei primi giorni/settimane si paleserà anche la perdita di peso, la quale eleverà ulteriormente la fiducia nella dieta che si sta seguendo: questa situazione mi piace catalogarla come “onda emotiva”.
Ma attenzione, poco sopra ho scritto perdita di peso, non diminuzione di grasso corporeo; lascio in sospeso questo concetto che verrà ripreso più avanti, vero punto centrale dell’articolo.

Com’è possibile che diete molto distanti tra loro possano portare la persona a perdere peso? La risposta è semplice: tutte le diete eliminano il cibo spazzatura e, soprattutto, creano un deficit calorico. Anche coloro i quali sostengono di guardare solo alla distribuzione percentuale dei macronutrienti, non possono esimersi dal conteggio calorico, il quale non deve necessariamente creare un deficit giornaliero, ma quanto meno settimanale.
Sono altresì ben conscio delle limitazioni derivanti la prima legge della termodinamica rapportate all’organismo umano (il quale è un sistema aperto), e che solo una parte dell’energia derivante dagli alimenti viene conservata e la restante dissipata sotto forma di calore, ma alla base del dimagrimento vi dev’essere un introito calorico negativo rispetto alle uscite: tale situazione andrà a creare un deficit, basilare affinchè si possa perdere peso.

Di frequente la domanda che si pone il soggetto a dieta e che di riflesso esprime al nutrizionista è la seguente: “quanti chili dovrei perdere a settimana?”. A tal domanda è difficile, su due piedi, dare una risposta certa, e quando mi trovo in difficoltà tendo a valutare come si pronuncia il mondo scientifico a riguardo: il consiglio è di non perdere più di un chilo a settimana, anzi restare intorno ai 700-800 gr sarebbe ancor più auspicabile.
Se vi state chiedendo il perché, una risposta plausibile potrebbe essere la seguente: per dare il tempo all’organismo, e in primo luogo al cervello dove ha sede anatomica l’ipotalamo, di abituarsi al calo ponderale (vedasi in tal senso il concetto di set point ipotalamico). Quindi mi sento di consigliare un approccio prudente, razionale e calibrato, al fine di non riprendere nei mesi successivi i chili persi durante la fase di dimagrimento.

Senza dubbio, tra le diete principalmente considerate vi sono quelle che tendono a ridurre in maniera sostanziosa l’ingestione dei carboidrati, a favore delle proteine; questa linea di condotta è diventata oramai quasi una sorta di dogma, soprattutto nel mondo del fitness.
A tal proposito ricordo che il glucosio (monosaccaride per antonomasia dei carboidrati), è il carburante delle nostre cellule, la benzina che utilizziamo durante esercizio fisico, stimola il rilascio di leptina dagli adipociti determinando di conseguenza anche un maggior senso di sazietà.

Le diete low carb non possono essere l’unica soluzione al problema dell’eccesso di peso, soprattutto per i più lungimiranti.

Sono dell’avviso che queste strategie alimentari possano avere eventualmente un senso se circoscritte in un range limitato di tempo, con l’obiettivo di somministrare all’organismo (e al tanto decantato metabolismo) uno stimolo diverso, e sempre sotto il controllo di personale esperto che sappia gestire tempi e modi.

Ho citato poc’anzi il metabolismo, vero e proprio specchio per le allodole, utilizzato dal marketing dell’integrazione così come da tutti quei singoli che vi contatteranno per vendervi i loro prodotti miracolosi; ho la netta sensazione che il confine tra realtà e Wanna Marchi si stia sempre più assottigliando, in un contesto sociale nel quale la disinformazione viene condivisa a discapito di realtà oggettive e scientifiche. Tutto e subito, senza far fatica; la perdita di peso si incastra alla perfezione all’interno di questa cornice.

Il metabolismo, da un punto di vista biochimico, può essere definito come la somma di tutte le reazioni che avvengono all’interno di un organismo vivente, reazioni catalizzate dagli enzimi; questi ultimi sono di estrema importanza, perché sostengono le migliaia di trasformazioni biochimiche in tempi compatibili con la vita umana.
Basti pensare alla mole di lavoro che svolgono durante il processo digestivo e di assorbimento dei nutrienti, o di tutte quelle reazioni metaboliche che hanno come centro il glucosio sia in chiave anabolica (vedasi sintesi glicogeno muscolare ed epatico) che catabolica (gluconeogenesi ad esempio).

Non esistono acceleratori del metabolismo, a meno che non si sconfini in sostanza illecite (cosa peraltro tutt’altro che inusuale dai praticanti del body building estremo), così come diete che possano avere un impatto rimarchevole a livello metabolico come spesso vogliono indurvi a credere.
È pur vero che le diete basate essenzialmente sulle proteine comportano una TID (termogenesi indotta dagli alimenti) più alta rispetto a carboidrati e grassi, ma senza dubbio non può comportare degli stravolgimenti a livello metabolico.

L’articolo completo è disponibile in formato PDF. Per scaricarlo clicca qui

Abstract of the article in English

With the aim of weight loss, people entrust their hopes to one of the many diets on the market; paleodieta, Dukan, Atkins, low carb, High protein … with the hope that they can reach the much desired weight loss. The good news is that all diets work, as they tend to create a caloric deficit (otherwise weight loss would not be explained) delivering the rules to follow; besides that, they tend to reduce junk food to zero. So in the short term no diet fails. The problem arises when we extend the medium/long-term view. The perfect diet to lose weight does not exist, net of all the variables in play that are really numerous. If you want to maintain the weight achieved over time, it is advisable to combine exercise with the diet, the latter the real keystone for long-term success.


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