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Ballare e scomparire: un falso binomio? Correlazioni tra disturbi alimentari e danza classica

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“ …i disturbi alimentari, la maggior parte delle volte, nascono a causa di modelli comunicativi errati che spingono le donne a prendere ad esempio canoni di bellezza distorti”: affermazioni di questo tipo abbondano ovunque si parli di anoressia e bulimia. Molte pubblicazioni anche di carattere scientifico parlano del legame tra danza classica ed anoressia come caratterizzato da un nesso causa-effetto: si dice che la disciplina durissima della danza classica provoca l’anoressia, e i modelli di magrezza eccessiva causano disturbi alimentari nelle ragazze. Qualche anno fa la ballerina della Scala di Milano Maria Garritano fece scalpore dichiarando ad un giornale che nel suo ambiente di lavoro il 20% delle danzatrici soffre di anoressia, ed addirittura il 70% ha visto scomparire il ciclo mestruale. Per fare un confronto, tra la popolazione generale italiana l’incidenza dei disturbi alimentari è dello 0,8% per l’anoressia e 5% per la bulimia (dati dell’Associazione per lo studio e la ricerca sui disturbi alimentari, Dott.ssa Speranza, Roma).


Due sono le variabili interessate da questo studio: la danza classica e l’anoressia; vediamone in sintesi alcune caratteristiche rilevanti.

  1. La danza classica è uno sport che si concentra sulla ballerina, escludendo quasi tutto il resto: l’attenzione è focalizzata sulla tecnica e sul lavoro sulle punte. E’ quindi richiesta una tecnica rigorosa e una disciplina che non tutti i tipi di fisico possono interpretare al meglio. Sono fondamentali anche la coordinazione, la ritmica, la musicalità e le linee del movimento. L’età consigliata per iniziare a praticare la danza classica è di 8 anni [Danzaclassica.net]. In un contesto cosi focalizzato sulla perfezione della tecnica e del corpo, si potrebbe semplicisticamente pensare che le ragazze, spinte dalla pressione del gruppo dalla competizione, potrebbero adottare comportamenti tendenti a privarsi del cibo per potersi mantenere in forma.
  2. L’anoressia, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-IV-TR (2000), si caratterizza per il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per età e statura; intensa paura di ingrassare, anche quando si è sottopeso; alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso sui livelli di autostima; nelle femmine amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. L’anoressia è una forma mentis, un particolare modo di percepire sé stesse, il mondo, il proprio corpo, che si manifesta con spiccata rigidità caratteriale ed estremo controllo non solo alimentare, ma anche relazionale ed emotivo (Treasure, Schmidt, Furth, 2008). Secondo l’esperienza clinica degli operatori del settore, il soggetto anoressico si mantiene costantemente in regime di sotto-alimentazione dal suo esordio in poi: non trasgredisce mai e non si permette mai di uscire dalle sue regole proprio perché non sono etero-imposte e non arrivano dall’esterno, ma sorgono come risposta ad un bisogno interno. Spesso la persona anoressica presenta anche disturbi della personalità e disturbi ossessivo-compulsivi, nei quali la rigidità dei comportamenti e la ripetizione ossessiva di alcuni gesti aiuta a tenere l’ansia sotto controllo; può essere presente inoltre una problematica di dismorfismo corporeo, una deformazione nella visione dell’immagine corporea che impedisce alla ragazza di vedere il proprio corpo in maniera oggettiva.

Abstract of the article in English

This article wants to debunk cliches that eating disorders can be caused by sports or models proposed by mass-media. Scientific studies and clinical experience of psychologists argue in favor of multifactorial causes; sport and models can have a role as precipitating factors, but only in combinations with specific situations of stress. In particular the link between ballet and eating disorders will be considered through a data collection, carried out by the administration of the test EAT-26 to ballet dancers. Qualitative observations arising from data analysis seem to indicate that not the sport itself, but the stress of competing at high levels may be a precipitating factor.

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