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Affondi: analisi biomeccanica e funzionale

Rubrica: Dal Web
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Analisi biomeccanica e funzionale degli affondi: muscoli coinvolti e corretta esecuzione delle numerose varianti (affondi frontali, affondi con bilanciere, affondi in progressione, affondo bulgaro, Overhead Lunge, ecc.)

L’esecuzione degli affondi, in tutte le possibili modalità, è una pratica particolarmente diffusa per quanto concerne l’allenamento degli arti inferiori. E’ possibile proporre un numero davvero elevato di varianti che incidono sul sovraccarico utilizzato, sugli attrezzi impiegati, e sulla complessità generale del gesto.

Nel lungo elenco di opzioni si possono individuare gli affondi frontali sul posto e in progressione, in avanti (o per caduta), indietro (o per ceduta), con manubri, bilanciere o a corpo libero, affondi bulgari, al multipower o su superfici instabili, affondi laterali,  e affondi combinati.

Osservazioni generali: esecuzione e analisi degli affondi frontali e posteriori (sul posto e in progressione)

Gli affondi rappresentano un esercizio poliarticolare a catena cinetica chiusa svolto in modalità asimmetrica e coinvolgendo in primo luogo la muscolatura dell’arto inferiore: glutei, ischiocrurali, quadricipiti femorali, è possibile individuare una partecipazione importante, seppur secondaria, dei muscoli adduttori e dei muscoli gemelli e, col ruolo di stabilizzatori, si segnala l’intervento dell’intero core. Lo svolgimento in modalità asimmetrica incrementa la necessità di stabilizzare il movimento in modo più o meno marcato a seconda della sua esecuzione standard o di una esecuzione che preveda l’impiego di una base d’appoggio instabile.

La più comune forma di esecuzione dell’esercizio è data dagli affondi alternati frontali la quale prevede di partire con gli arti leggermente divaricati (approssimativamente alla larghezza delle spalle), piante dei piedi in fisiologica extrarotazione (circa 10°), compiere un passo in avanti mantenendo sul medesimo asse l’articolazione della spalla e l’articolazione dell’anca, abbassare il busto trasferendo gradualmente il peso sull’arto anteriore sino a portare la coscia parallela al suolo e senza superare col ginocchio la base d’appoggio del piede, si realizza pertanto un angolo popliteo di 90°. L’arto posteriore è il reale protagonista in questa fase, poichè avvia di fatto il movimento e l’azione dell’arto anteriore deve essere una conseguenza. Nel punto più basso il ginocchio sfiora il terreno ma senza toccarlo, creando quindi un altro angolo di 90° nella regione posteriore del ginocchio, mantenendo il proprio peso sopra la caviglia dell’arto anteriore, e concentrandolo in particolar modo nella regione del tallone, sollevare il busto tornando alla posizione iniziale, ripetere l’intero ciclo utilizzando l’altro arto. La colonna vertebrale conserverà le curve fisiologiche e il tronco resterà in posizione eretta. L’esecuzione non cambia svolgendo il lavoro con o senza l’ausilio di manubri, nel primo caso le braccia saranno distese lungo il corpo, viceversa è consuetudine tenere le mani ai fianchi. Appare superfluo segnalare che il lavoro svolto sarà progressivamente più impegnativo all’incremento del peso utilizzato attraverso i manubri.

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